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    sanmag
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      Pietro ci scrive:

      quote:

      Vorrei porre alla Vs. attenzione e valutazione il caso che mi riguarda.
      Sono un maresciallo dei carabinieri che presta servizio a Milano.
      Purtroppo mio padre è affeto da grave malattia del fegato epatite HIC da trasfusione infetta e, poichè necessitante di assistenza continua (coniugato e residente in provincia di napoli, di fatto separato e domiciliato per ragioni dis alute a Milano) ha dovuto necessariamente trasferire il domicilio a Milano, per dimorare presso la mia residenza e presso quella di mia sorella (coniugata), anch’ella in altra zona di Milano.

      Preciso che mio padre è riconosciuto disabile ai sensi di legge per grave invalidità e, per il degenerarsi della malattia, necessita di continua assistenza a vista.

      Ho un fratello che è Maresciallo dei Carabinieri e presta servizio in Calabria, nella zona Jonica, e, per ragioni legate all’assistenza di mio padre al fine di collaborare con me e mia sorella, è costretto di sovente a recarsi a Milano sostenendo anche economicamente il viaggio dall’una all’altra parte dell’Italia, talvolta con estreme difficoltà per ottenere benefici ordinari o permessi di servizio.

      Premesso che sia io che mia sorella lavoriamo e come tali siamo impiegati per buona parte della giornata per cui è necessario e indispensabile che mio fratello sopperisca alle nostre assenze con la sua presenza a Milano per assistere nostro padre, quali possibilità concrete la legge 104/1992 gli offre di ottenere un trasferimento dalla sede di servizio in Calabria ad una più vicina di Milano, considerando che è un appartenente all’Arma dei carabinieri e come tale assoggettato alle disposizioni militari sui trasferimenti e, qualora la legge lo favorisca, che documentazione dovrà esibire per attestare l’effettiva necessità di assistenza da parte di nostro padre per ottenere positivamente il trasferimento in breve tempo ???

      Qualora la materia non rientra nella Vs. competenza, vi pregherei di darmi indicazioni utili sui siti a cui posso avanzare il quesito di cui sopra.

      Nell’attesa di una Vs. risposta, approfitto per congratularmi per il Vs sito e porgerVi i miei Distinti Saluti e ringraziamenti.


      #80
      sanmag
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        Caro Pietro,

        le premetto che sono un medico e che la mia conoscenza di burocrazia sanitaria si basa solo sulla esperienza acquisita nella pratica ambulatoriale.
        Tuttavia le posso dire che secondo l’ Allegato “B” alla Circ. nr. 328/1/104 in data 26 luglio 1999, anche i militari hanno il diritto di usufruire dei benefici della Legge 104.
        Le riporto comunque il testo della Circolare in questione:

        ====================================================================

        ASSOCIAZIONE SOLIDARIETA’ DIRITTO E PROGRESSO

        ASSISTENZA, INTEGRAZIONE SOCIALE E DIRITTI
        DELLA PERSONA HANDICAPPATA
        (Applicazione della legge 104/92)

        pagina curata da speedo

        Il MINISTERO DELLA DIFESA
        DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE MILITARE

        Allegato “B” alla Circ. nr. 328/1/104 in data 26 luglio 1999

        OGGETTO: applicazione art. 33, comma 5, legge 5.2.1992 n° 104 “legge
        quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti della
        persona handicappata”.

        1. BENEFICIARI

        Destinatari del disposto di cui all’art. 33, comma 5, della legge nr. 104/1992 sono tutti i dipendenti di ruolo dell’Amministrazione che debbano assistere un proprio familiare (coniuge, parente od affine entro il terzo grado, persona in affidamento ai sensi della legge 04.05.1983, nr. 184) handicappato e con il dipendente convivente.

        Per “handicappato” si intende familiare che presenti una minorazione dell’autonomia personale tale da rendere necessario un intervento assistenziale continuativo, con conseguente attribuzione della connotazione di gravità alla situazione di handicap.

        L’accertamento di quest’ultima situazione è effettuato dalle Aziende Sanitarie Locali mediante le commissioni mediche di cui all’art. 1 della legge 15.10.1990, nr. 295 integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare.

        Relativamente alla nozione di convivenza, questa è da intendere come comunanza di interessi nell’ambito del rapporto familiare, caratterizzata dalla condivisione di regole affettive basate sulla solidarietà e sulla mutua assistenza.

        In tale contesto, il rapporto di convivenza familiare si realizza quando il soggetto portatore di handicap appartenga allo stesso nucleo familiare e conviva con il lavoratore dipendente o almeno con la sua famiglia.

        Relativamente alle esigenze assistenziali da assicurare nei confronti dell’handicappato, il presupposto indefettibile perché possa configurarsi il “diritto” del dipendente è rappresentato dalla circostanza che altri familiari o affini, conviventi pur se residenti nelle vicinanze dell’handicappato, non sono in grado di potersi occupare dell’assistenza al disabile e non fruiscono già dello stesso beneficio che deve ritenersi non ripetibile da parte di più soggetti contemporaneamente.

        La finalità della norma non è infatti volta al riavvicinamento del dipendente al nucleo familiare, ma è diretta ad evitare che l’handicappato si trovi senza assistenza a causa della sede di attività della persona che continuamente se ne occupa.

        In definitiva il legame che la norma intende tutelare è più complesso ed ulteriore rispetto alla parentela e alla convivenza, e può far capo solo a quel soggetto su cui ricade il maggior sforzo e la maggiore responsabilità nell’assistenza all’handicappato tanto da potersi qualificare solo per tale persona come continua.

        Pertanto una esplicita dichiarazione in tal senso deve venire rilasciata da qualunque aspirante al beneficio ed essere idoneamente documentata.

        Il beneficio in questione non compete, ad esempio, qualora il coniuge del dipendente non svolga alcuna attività lavorativa al di fuori dell’ambito familiare e non si trovi nell’impossibilità materiale di assistere il familiare handicappato.

        Le situazioni di impossibilità materiale devono essere indicate dal dipendente e valutae, con prudente apprezzamento, dall’Amministrazione; sono in ogni caso tali quelle riconducibili ad un ricovero ospedaliero, una grave malattia, una evidente avanzata anzianità.

        2. DOCUMENTAZIONE

        La domanda del dipendente deve essere corredata dalla seguente documentazione di base:

        a) stato di famiglia del familiare soggetto ad assistenza;

        b) atto di notorietà prodotto dal dipendente con l’indicazione di tutti i familiari o affini entro il terzo grado che siano domiciliati in località vicine al familiare portatore di handicap, in grado di prestare assistenza;

        c) atto di notorietà, di ciascuno degli altri familiari o affini entro il terzo grado che per ubicazione di domicilio sarebbero comunque in grado di prestare assistenza, attestante i motivi per i quali non sono in grado di prestare assistenza con carattere di continuità al familiare handicappato e con la ulteriore precisazione, se lavoratori, di non fruire già del medesimo beneficio;

        d) certificazione sanitaria attestante l’esistenza di handicap in situazione di gravità, resa dalle commissioni mediche indicate all’art. 4 della legge nr. 104/1992 (commissioni mediche per l’accertamento dello stato di handicap, da non confondere con le commissioni per l’accertamento degli stati di invalidità civile).

        Qualora il familiare da assistere sia un minore in affidamento verrà prodotta, a seconda che il minore sia un cittadino italiano o straniero, la seguente ulteriore documentazione:

        e) copia del decreto di affidamento, copia del certificato di affidamento o del verbale rilasciato dall’Autorità competente alla consegna del bambino, dai quali si possa desumere anche la data di effettivo ingresso del minore nella famiglia (se diversa da quella di inizio dell’affidamento);

        f) copia della dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero (adozione/affidamento, altro provvedimento in materia di tutela o protezione dei minori) emanata dal Tribunale per i minorenni, dai quali si possa desumere anche la data di effettivo ingresso del bambino nella famiglia.

        In luogo della documentazione sub a) può prodursi dichiarazione sostitutiva di certificazione resa ai sensi dell’art. 2 della legge nr. 15/1968.

        La documentazione sub b) e c) può essere surrogata da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa ai sensi dell’art. 4 della legge nr. 15/1968.

        La documentazione sub d) può essere provvisoriamente sostituita, fino all’emissione dell’accertamento definitivo da parte della competente commissione, da un accertamento effettuato da un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso l’ASL da cui è assistito l’interessato (art. 2, commi 2,3 e 4 della Legge 27.10.1993, nr. 423).

        Gli stati sub e) e f) possono essere attestati anche con dichiarazione temporaneamente sostitutiva, valida fino all’emanazione del provvedimento favorevole all’interessato e resa ai sensi dell’art. 3 della legge nr. 15/1968.

        E’ facoltà dell’Amministrazione chiedere, sulla scorta delle esigenze istruttorie del caso, ogni ulteriore documentazione integrativa occorrente.

        La domanda deve contenere una dichiarazione di mpegno del dipendente a comunicare alla Direzione Generale per il Personale Militare qualunque circostanza che faccia venir meno una delle condizioni necessarie al rilascio/mantenimento del beneficio, entro 30 giorni del suo verificarsi.

        La Direzione Generale si riserva di richiedere al dipendente, con periodicità e comunque allorchè debba valutarne la posizione ai fini di un eventuale trasferimento, la conferma dell’attualità delle condizioni necessarie al mantenimento del beneficio come pure della documentazione di base, qualora, per il tempo decorso, si renda necessaria una verifica in tal senso. A tal fine, la Direzione Generale si avvarrà dei mezzi di controllo a disposizione per la verifica di stati, fatti o qualità relative al procedimento. Analogamente dovranno procedere i Comandanti di Corpo ogni qualvolta lo ritengano necessario.

        Il Direttore Generale
        Ten.Gen. Antonino Tambuzzo

        ========================================================================

        Può comunque approfondire l’argomento in questo sito:

        http://www.militari.org/handicap/circolare_applicativa_handicap.htm

        Per quanto riguarda il trasferimento di familiare non convivente, il personale militare sembra comunque avere delle difficoltà in più, come risulta da questo caso che Le riporto, in parte simile al suo:

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        Sociale
        Da: Angelo LOMBARDI
        Telefono:
        Email: [email protected]
        Data: 28 mar 2003
        Ora: 16:44:43

        Commenti
        OGGETTO: Assistenza a persone con disabilità grave. -Applicazione comma 5 art. 33 della Legge n. 104/92 e modifiche.

        Descrivo brevemente il mio caso::

        Sono un Sottufficiale dell’Aeronautica Militare in servizio presso il Ministero della Difesa – Direzione Generale degli Armamenti Aeronautici – ROMA, e sono domiciliato nel Comune di Recale (CE). Tengo a precisare innanzitutto che non sono in possesso di nessuna qualificazione specialistica particolare che giustifichi “una esigenza di servizio” tale da tenermi necessariamente in servizio in una determinata sede. Inoltre nelle sedi che io ho chiesto di essere trasferito annualmente l’Ente di Impiego assegna personale del mio stesso grado e della mia stessa specializzazione, e numerosi sono i casi di coloro che beneficiano del trasferimento in base all’ art. 33 della Legge 104/92. Sono nato nel 1964 e presto servizio nell’ Aeronautica Militare dal 1987. Ho prodotto istanza di trasferimento ai sensi della legge 104/92 in quanto mia madre, convivente, è stata riconosciuta portatrice di handicap in situazione di gravità (art. 3 comma 1 e 3), ed abbisognevole di assistenza continua (anche notturna con certificato del medico di base). A tale handicap in forma grave di natura neurologica, gli è stato riconosciuto dalla competente Commissione un ulteriore handicap di natura motoria con consistente minorazione, capacità complessiva individuale lavorativa ridotta di oltre 2/3 rientrando tra i requisiti previsti dalla Legge 104/92 art. 3 comma 1 e art. 21). Tale istanza di trasferimento datata 07.11.01 mi è stata rigettata con la seguente motivazione: “la madre del militare (portatrice di handicap) residente nel Comune di Recale può ricevere assistenza da altri familiari”.

        Successivamente in data 24.04.02 ho chiesto il riesame di tale istanza allegando la seguente ulteriore documentazione – Certificazione specialistica della ASL di appartenenza nella quale viene certificato che la portatrice di handicap grave: “preferisce e riceve una assidua assistenza vivendo a casa del figlio e quindi un eventuale distacco o allontanamento della paziente dal figlio aggraverà senza alcun dubbio il suo stato di malattia”. – Certificazione rilasciata dalla ASL di appartenenza dalla quale si evince che: il Sig. LOMBARDI Angelo ha presentato istanza di riconoscimento dei benefici della Legge 104/92……che detto verbale non prevede verifiche e/o revisioni ordinarie; …….che a carico della…..non risultano altri fascicoli relativi a pratiche in corso successivi alla data del 15.11.2001

        Il riesame della suddetta istanza ha confermato il provvedimento emesso in precedenza con il seguente motivo: “si conferma il provvedimento emesso da questa Direzione ……in quanto come indicato dalla Legge 53/2000, l’assistenza al soggetto portatore di handicap deve essere assicurata, oltre che con continuità anche in via esclusiva. Il richiedente il beneficio, pertanto deve risultare inequivocabilmente l’unico soggetto (pur se non convivente) in grado di assicurare al disabile con carattere di continuità, la necessaria assistenza. Di conseguenza alla formula in via esclusiva deve essere riconosciuto il significato della indisponibilità oggettiva o soggettiva di altre persone in grado di sopperire alle esigenze del portatore di handicap. Nel caso di specie la persona portatrice di handicap può ricevere assistenza dagli altri figli, peraltro residenti nello stesso comune di residenza del disabile.

        Il motivo del rigetto, quindi, secondo quanto valutato dal suddetto Ufficio sarebbe giustificato poichè nel caso in esame non viene soddisfatto il requisito della “esclusività” dell’assistenza.

        —oOo—

        L’art. 20 della Legge 53/00 (Estensione delle agevolazioni per l’assistenza a portatori di handicap) recita che: Le disposizioni dell’art. 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104,………..si applicano…..ai genitori ed i familiari lavoratori, ………., che assistono con continuità ed in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorchè non convivente. I concetti di continuità ed esclusività sono esplicitati nella Circolare INPS n. 133 del 17.07.2000, richiamata nella Circolare del Ministero della Funzione Pubblica n. 14 del 16.11.00, che regola esclusivamente i commi 1,2,3,6 dell’art. 33 della Legge 104/92 e non quindi il comma 5 della predetta Legge. La continuità ed esclusività viene menzionata nel paragrafo 2. al punto 2.3 quando vengono presi in esame le richieste dei permessi dei “GENITORI DI FIGLI MAGGIORENNI E FAMILIARI DI PERSONE HANDICAPPATE NON CONVIVENTI” e viene affermato che (si riporta integralmente): 2.3.1 – Continuità dell’assistenza La “continuità” consiste nell’effettiva assistenza del soggetto handicappato, per le sue necessità quotidiane, da parte del lavoratore, genitore o parente del soggetto stesso, per il quale vengono richiesti i giorni di permesso. Pertanto la continuità di assistenza non è individuabile nei casi di oggettiva lontananza delle abitazioni, lontananza da considerare non necessariamente in senso spaziale, ma anche soltanto semplicemente temporale. 2.3.2 – Esclusività dell’assistenza La “esclusività” va intesa nel senso che il lavoratore richiedente i permessi deve essere l’unico soggetto che presta assistenza alla persona handicappata: la esclusività stessa non può perciò considerarsi realizzata quando il soggetto handicappato non convivente con il lavoratore richiedente, risulta convivere, a sua volta, in un nucleo familiare in cui sono presenti lavoratori che beneficiano dei permessi per questo stesso handicappato, ovvero soggetti non lavoratori in grado di assisterlo.

        Il caso in esame si identifica nel paragrafo 2.4 “GENITORI DI FIGLI MAGGIORENNI E FAMILIARI DI PERSONE HANDICAPPATE CONVIVENTI” e viene affermato che: Se il lavoratore richiedente i permessi è convivente con la persona handicappata continua ad essere implicito – anche tenendo conto dei criteri enunciati dal Consiglio di Stato con parere n. 784/95- che ai fini della concessione dei permessi non debbano essere presenti nel nucleo familiare, altri soggetti che possano fornire assistenza.

        Anche in questo caso bisogna quindi, per ottenere i benefici, soddisfare i requisiti di assistenza con “continuità ed esclusività”.

        Il mio nucleo familiare è il seguente: – moglie: presta attività lavorativa in qualità di insegnante a tempo determinato nell’ITIS “A.Volta” di Frosinone. – figlia: è in minore età (nata il 28/09/1999). – madre Portatrice di handicap grave.

        Nel mio caso, quindi, tali requisiti devono essere soddisfatti nel nucleo familiare del richiedente i benefici che si identifica con quello del portatore di handicap in quanto convivente Nell’istanza, avevo presentato a corredo, in quanto espressamente richiesto, anche una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di indisponibilità a prestare assistenza degli altri familiari della disabile, tutti non conviventi. Inoltre, ho presentato una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di essere il soggetto su cui ricade il maggior sforzo e la maggiore responsabilità nell’assistenza al portatore di handicap, tanto da potersi qualificare come continua.

        —oOo—

        La Direttiva DIPMA 001/2001 che disciplina i trasferimenti di tutto il personale dell’A.M., riporta il concetto di “continuità ed esclusività” nel paragrafo 7 lett D punto 2 e dice: La “continuità” consiste nell’effettiva assistenza del soggetto portatore di handicap, per le sue necessità quotidiane, da parte del lavoratore, genitore o parente del soggetto stesso. Pertanto la continuità di assistenza non è individuabile nei casi di oggettiva lontananza delle abitazioni, lontananza da considerare non necessariamente in senso spaziale, ma anche soltanto semplicemente temporale. La “esclusività” va intesa nel senso che il lavoratore richiedente deve essere l’unico soggetto che presta assistenza alla persona handicappata: la esclusività stessa non può perciò considerarsi realizzata quando il soggetto portatore di handicap, non convivente con il lavoratore richiedente, risulta convivere, a sua volta, in un nucleo familiare dove sono presenti lavoratori che beneficiano dei permessi per il citato soggetto, ovvero familiari non lavoratori in grado di assisterlo. In Altre parole alla formula “in via esclusiva” deve essere riconosciuto il significato della indisponibilità oggettiva o soggettiva di altre persone in grado di sopperire alla esigenze; circostanza questa da provare con ogni mezzo consentito dall’ordinamento, salvo l’onere di verifica da parte dell’amministrazione. Vengono avallati pienamente i concetti soprarichiamati nella Circolare INPS n. 133 e quindi anche tale Direttiva puntualizza che la esclusività si debba soddisfare nel nucleo familiare del disabile. Inoltre successivamente recita: La finalità della norma non è infatti volta al riavvicinamento del militare al nucleo familiare, ma è diretta ad evitare che il portatore di handicap si trovi senza assistenza a causa della sede di attività della persona che continuamente se ne occupa. In definitiva il legame che la norma intende tutelare è più complesso ed ulteriore rispetto alla parentela e alla convivenza, e può far capo solo a quel soggetto su cui ricade il maggior sforzo e la maggiore responsabilità nell’assistenza al portatore di handicap tanto da potersi qualificare, solo per tale persona, come continua. Pertanto una esplicita dichiarazione in tal senso deve essere rilasciata da qualunque aspirante al beneficio ed essere documentata.

        Non si capisce poi perché dopo aver affermato tali tesi si richiede che a corredo dell’istanza il richiedente deve allegare: ……… b. atto di notorietà prodotto dal militare con l’indicazione di tutti i familiari o affini che siano domiciliati in località vicine al familiare portatore di handicap;

        c. atto di notorietà di ciascuno di questi familiari o affini, attestante i motivi (documentati) per i quali non sono in grado di prestare assistenza con carattere di continuità al familiare portatore di handicap e con la ulteriore precisazione, se lavoratori, di non fruire già del medesimo beneficio;

        Mi sono rivolto ad un legale di fiducia che dopo aver inoltrato alla Direzione Impiego Personale Militare Aeronautica – Roma una lettera di diffida, anch’essa senza esito, mi ha proposto il ricorso al competente TAR, ma tengo a precisare che la mia condizione familiare, specialmente dal punto di vista economico, non mi permette di affrontare un’avventura del genere.

        LOMBARDI Angelo

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        Può comunque approfondire in questo forum:

        http://forum.sestini.it/ospiti/_disc/0000018e.htm

        Nella speranza di esserLe stato utile,

        Cordiali saluti,

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